La puntualità senza ansia si può: un approccio più lento al parenting.
- Martina

- 10 set
- Tempo di lettura: 4 min
Magari qualcuno leggerà questo post e penserà: Beh, che scoperta… Ed è giusto così. Ognuno di noi si fa triggerare da cose diverse. Ma se queste righe possono aiutare anche solo un genitore a rallentare e a ripensare a cosa conta davvero, allora vale la pena scriverle.
Per anni il martedì pomeriggio ha significato solo una cosa per me e le mie figlie: lezioni di nuoto.
E per una buona fetta di questi anni… il martedì pomeriggio era il mio incubo.
Vi spiego. Sono cresciuta con una mentalità perfezionista (un’identità modellata dalla mia educazione), e da adulta sono diventata super organizzata. L’efficienza è il mio super potere: pianifico, incastro impegni come se stessi giocando a Tetris, ottimizzo ogni cosa. E di solito funziona.
Ma fino a qualche anno fa, quando arrivava il martedì, questo super potere giocava contro di me.
La tabella di marcia era apparentemente semplice: prendere le mie figlie a scuola alle 14 , guidare per 1,5 km fino alla piscina, trovare parcheggio, aiutarle a cambiarsi ed essere pronte per la lezione delle 14:30. Tutto sembrava incastrarsi alla perfezione. Tutto filava liscio… almeno sulla carta.
La verità? Non filava affatto liscio.
Sotto quella facciata “perfettamente organizzata” c’era una me sempre di corsa, ansiosa e iper-focalizzata sull'orario. E questa tensione si sentiva eccome. Le mie figlie la percepivano. Io la percepivo. Quella mezz'ora di tempo tra scuola e piscina si trasformava in un susseguirsi di muovetevi, oppure dai sbrigatevi!
Un giorno ho capito che non correvo perché fossimo davvero in ritardo. Correvo perché avevo paura di esserlo. E quell’ansia non corrispondeva quasi mai alla realtà. La maggior parte delle volte eravamo puntuali - ma io non ero presente abbastanza per accorgermene.
Lo stress non era nell’orologio. Era nella mia testa.
Le mie figlie assorbivano tutta questa tensione. E io mi sentivo in colpa. Perché arrivare in orario non mi faceva sentire una vittoria? Perché sembrava tutto così faticoso? Cosa potevo cambiare?
Pormi queste domande mi ha fatto aprire gli occhi.
Ho iniziato a notare quanto del mio essere genitore, soprattutto di martedì, fosse diventata una lista di cose da spuntare. Stavo gestendo compiti, non nutrendo esperienze. Correvo dietro agli impegni senza creare connessione. Avevo trasformato il nostro martedì in qualcosa di freddo, meccanico.
Ero sempre di corsa non perché servisse davvero, ma perché mi dava l’illusione di avere il controllo. L'illusione della perfezione e della precisione.
E volete sapere l'ironia più grande di tutte? Prendermi l'impegno di portarle a nuoto era stata una mia scelta consapevole, proprio perché volevo godermi quell’esperienza con loro.
Un giorno finalmente mi sono detta: Martina, correre non ti rende più veloce. Ti rende solo più ansiosa.
Allora ho iniziato a chiedermi: se continuo così, cosa sto sacrificando in nome dell’efficienza?
La risposta era chiara: i momenti che contano davvero. Connessione, calore, risate, momenti condivisi, sicurezza emotiva.
Così ho provato a rallentare. Un po’ alla volta. Con intenzione.
Oggi il nostro martedì di piscina è diverso. Facciamo sempre lo stesso percorso negli stessi orari, ma senza la frenesia. A volte restiamo cinque minuti in più nel giardino della scuola. Ci prendiamo il tempo di notare le cose. In macchina ci raccontiamo la giornata, cantiamo canzoni sciocche, ridiamo. Io non sono più schiava dell’orologio né dei “e se…” che mi passavano per la testa.
E sapete cosa? Arriviamo comunque in orario. Solo con meno ansia e meno panico.
Rallentare non ha significato smettere di essere organizzata. Ha solo significato non farmi più comandare dall’organizzazione. E la differenza è enorme.
E quei rari martedì in cui ci capita di arrivare 5 minuti in ritardo… non succede nulla. Nessuno ci sgrida, nessuno ci multa, nessuno pensa che siamo maleducati.
Chiariamo: la puntualità per me è ancora un valore importante. Credo sia un segno di rispetto verso gli altri e ci tengo che le mie figlie lo capiscano. Ma c’è differenza tra dare valore alla puntualità e farsi consumare dall’ansia di arrivare tardi.
La pressione che sentivo non era reale, era solo nella mia testa. Ero così presa a prevedere cosa potesse andare storto che non vedevo cosa stava andando bene, o cosa potesse andare bene.
Mi dispiace pensare a quante piccole gioie ho sacrificato per l’illusione del controllo. A quanti martedì migliori avrei potuto avere. Ma la crescita personale avviene proprio così: fermandoci e guardando quelle parti di noi che tendiamo di solito a ignorare.
La crescita inizia quando diventiamo curiosi delle nostre reazioni, invece di limitarci a gestirle. Quando osserviamo i nostri schemi e ci chiediamo intenzionalmente: mi serve davvero questo? È così che voglio sentirmi?
Se anche tu, genitore che mi stai leggendo, ti senti sopraffatto dalla lista infinita di cose da fare, considera questo post un piccolo invito: a fermarti; a respirare; ad un approccio più lento al parenting; a scegliere la presenza invece dell'esecuzione impeccabile. Respira a fondo, e con calma cerca di pensare a cosa puoi cambiare.
E quando si tratta di puntualità, ricordati i miei martedì. Arrivare in orario senza correre è possibile. E c’è tanto da guadagnare quando smetti di avere fretta.
E anche se un giorno arrivi tardi? Il mondo non crolla. Andrà bene lo stesso. Tu sopravviverai, e anche i tuoi figli.





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